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PRENDI UN SOGNO, FALLO TUO, LOTTA E CONQUISTALO.
Eternamente grata a chi ha incrociato il mio cammino ed ha reso possibile tutto ciò.
Bandabi è un orso bruno simbolo di forza e coraggio, nativo della penisola coreana ed è la mascotte delle Paralimpiadi a PyeongChang 2018.
Mancano poche ore all’inizio dei Giochi e, grazie agli amici/amiche sul posto, riesco a “vivere” un po’ l’atmosfera paralimpica.
Dopo 15 mesi è giunto il momento di fare un bilancio. Poco importa i km percorsi negli allenamenti o quelli in macchina per incastrare tutti gli impegni sportivi e di vita. Penso alle mie paure, disintegrate una dopo l’altra; alle persone che ho incontrato nel mio cammino, chi non ha esitato un attimo ad aiutarmi o chi mi ha sorriso in faccia e pugnalata alle spalle; alle trasferte in giro per il mondo, esperienze di vita che se non le vivi non riesci a raccontarle.
Al ritorno dal Canada scrissi sulla mia pagina Facebook “forse un giorno vi racconterò come ho conquistato mezzo mondo paralimpico”. Beh il segreto non è il sorriso o la prestazione in gara ma l’indipendenza. Appena arrivata a Canmore mi hanno chiesto perché sei atleta indipendente se qui ci sono 2 atleti italiani e 4 accompagnatori ? La mia risposta ormai la conoscono tutti, e da quel momento, attorno a me è scattata un’incredibile solidarietà internazionale, che mi ha permesso di vivere il vero mondo paralimpico, a contatto con atleti, tecnici e dirigenti di quasi tutte le nazioni, giudici e classificatori dell’IPC, organizzatori e volontari.
Essere un’atleta indipendente nelle gare di Coppa del Mondo significa che ti devi organizzare completamente le trasferte, devi passare all’ufficio gare per tutte le info tecniche e pratiche, devi andare a visionare il percorso e studiartelo da sola (o molto spesso in compagnia di altri atleti/e), devi accertarti di essere sulla start list e ritirarti il pettorale, dopo aver ascoltato per bene tutto ciò che viene comunicato nelle riunioni pre-gara, e alle volte chiedere se possono tracciare un binario in un determinato posto del percorso perché potrebbe essere di aiuto a chi ha una disabilità agli arti inferiori. Ovviamente oltre a tutto questo, ti devi presentare al cancelletto e fare delle belle gare, cercando di non pensare che rappresenti una nazione che pretende medaglie.
La mia fortuna è stata quella di avere sempre accanto alcune persone che hanno creduto in me, in un sogno, ed erano sempre pronti a tendermi la mano per impedirmi di mollare. La serenità è arrivata quando sono stata “adottata” dal Team South Korea, perché mi hanno accolta e trattata come una di loro, sia negli allenamenti, sia nelle gare che nelle trasferte.
Grazie al mio caratteraccio sono l’unica atleta italiana che ha partecipato a tutte le trasferte di Coppa del Mondo 2017-18 (Canada, Germania, Finlandia) e in ogni occasione mi sono qualificata, ovvero ho raggiunto il punteggio minimo che mi avrebbe permesso di partecipare alle Paralimpiadi. Purtroppo però questo non basta allo stato che mi ha emesso il passaporto, una nazione che pensa solo alle medaglie e non al messaggio sociale, culturale e sportivo che può trasmettere un’atleta donna alle Paralimpiadi.
Eh già, l’Italia ha solo 2 atlete donne con i requisiti per poter partecipare ai Giochi, in 2 discipline diverse, con età diverse, e le lascia a casa ! Perché ??? Età, punteggi, valutazioni tecniche, risultati, medaglie, … !!!
Per quanto mi riguarda la mia battaglia è iniziata a febbraio 2017 quando, dopo 2 mesi, vengo a sapere che per l’Italia sono troppo vecchia per la Nazionale e per farne parte devo garantire medaglie nelle gare di coppa del mondo, alle quali posso partecipare a mie spese. La reazione ? Vado avanti tra vita da mamma, operaia, atleta, manager di me stessa e investigatrice perché i conti non mi tornano !
La Nazionale Italiana era composta da 2 atleti maschi (under 39), uno non ha mai gareggiato, uno non si è nemmeno mai qualificato. A marzo 2017 viene convocato un terzo maschio (under 39) e anche lui non aveva mai gareggiato! Far parte di quella nazionale significa che puoi partecipare ai raduni estivi e partecipare alle gare di coppa del mondo a spese degli altri.
Io, che sono “vecchia”, resto dell’idea che la Nazionale te le devi guadagnare con i risultati, mentre qui si fa la selezione in base alla carta d’identità o altro. Perché ???
La risposta è arrivata pochi giorni fa, dopo tante ricerche. L’Italia è stata inserita in un progetto di sviluppo (Agitos Foundation) dello sci nordico e biathlon paralimpico, promosso dal comitato organizzatore dei Giochi, in accordo con l’IPC (Comitato Paralimpico Internazionale). Lo scopo di questo progetto è quello di aumentare la partecipazione al para-sport, e far crescere il movimento paralimpico, coinvolgendo nazioni in cui è carente la cultura degli sport invernali o mancano i fondi per le attrezzature o per aiutare gli atleti negli allenamenti. Alcune delle nazioni interessate sono Argentina, Armenia, Australia, Brasile,Cile, Croazia, Georgia, Iran, Italia, New Zeland e Serbia.
Io mi chiedo, com’è ammissibile che l’IPC accetti di finanziare una nazione come l’Italia che nel suo passato (dal 1976 ad oggi) ha vinto 61 medaglie paralimpiche ?
E soprattutto, perché quando IPC è al corrente che in Italia c’è un’atleta donna, qualificata, non impone alla federazione o al CIP la sua partecipazione ai Giochi ?
L’età sarà una delle clausole del progetto italiano ? Apparentemente è un accordo tra CIP e FISIP, però fino ad oggi non l’ho mai visto. Di certo è che a livello internazionale non c’è nessun limite massimo d’età per partecipare alle Paralimpiadi.
Con tanto orgoglio posso dire che io quel posto alle Paralimpiadi me lo sono guadagnata, da atleta indipendente, mentre l’Italia ha fatto l’unica cosa che era in suo potere, impedirmi di partecipare, con la bella scusa dell’età !
Io non ho messo la ciliegina sulla torta, mentre l’Italia paralimpica ha perso in immagine sociale e culturale, con l’unico scopo di fare meglio di Sochi 2014. Io ritengo che per dimostrare di aver fatto scelte politiche-strategiche vincenti non basta 1 medaglia e nemmeno 5 medaglie da un solo atleta, dovrebbero come minimo portare a casa le stesse medaglie vinte a Vancouver 2010 (7) o Torino 2006 (8) da vari atleti in varie discipline.
Indubbiamente perderò ore di sonno per guardare le gare, tifare i miei amici/amiche internazionali, anche se sarà difficile accettare il fatto che ci sono ancora posti liberi nella mia categoria e che, chi tanto parla di sport disabili, non ha fatto nulla per portare l'unica fondista italiana ai Giochi.
A rappresentare l’ITA nel fondo ci sarà solo un maschio che finora ha ottenuto risultati peggiori dei miei. Sarà un’altro fenomeno come la Ledecka ?
Riuscirà la squadra di Para Ice Hockey, con ben 8 su 17 atleti di età compresa tra i 40 e i 50 anni, a portare a casa una medaglia ?
Guardate le Paralimpiadi e vi auguro di cogliere lo spirito paralimpico : I’mPOSSIBLE ; perché noi siamo persone normali che hanno trovato nella disabilità la forza di superare tutti i limiti e VIVERE !
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